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mercoledì 1 gennaio 2014

Gambe e braccia, quando ci vuole il lifting


La trasformazione è così evidente che non occorrono molte parole per descriverla: con gli anni, i tessuti del corpo perdono consistenza e tonicità. Sicuramente il seno e l’addome - soprattutto dopo una o più gravidanze - ma anche le braccia e le gambe. Certo la “caduta” può essere rallentata da un’alimentazione attenta (ricca di antiossidanti, le sostanze che aiutano il ricambio cellulare) e da una costante attività fisica. Ma, comunque, succede: i tessuti diventano molli e cadenti, sembrano come “staccati” da quelli più profondi. Quando si verifica nel viso, questa caduta, si pensa subito al lifting, l’intervento capace di sollevare i tessuti e di eliminare la cute in eccesso e di conseguenza le rughe. La stessa tecnica si applica a braccia e gambe, ottenendo gli stessi effetti, cioè tessuti più compatti e di conseguenza dall’aspetto più “giovane”.




Il lifting inguino-crurale
«Per le gambe si ricorre al lifting inguino-crurale – dice Marco Klinger professore di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica presso l'Università degli Studi di Milano-Istituto Clinico Humanitas -. Il punto di partenza sono cosce molli e cadenti, tipiche di donne che sono dimagrite di molti chili. Il punto di arrivo sono cosce più tese, compatte e ridotte. Il principio e la procedura sono gli stessi del lifting al volto: si scollano i tessuti più superficiali da quelli più profondi e li si riposiziona in modo corretto, per far sì che siano più in alto e più tesi».
Di sicuro non è tra gli interventi più “soft” (basti pensare che dura in media 1, 5-2 ore) e più frequenti, ma ha comunque il vantaggio di non lasciare cicatrici visibili. «È vero che le incisioni sono molto ampie e che di conseguenza le cicatrici sono estese – dice ancora Klinger -. Però sono naturalmente nascoste, in quanto posizionate all’inguine e sul pube». L’intervento avviene in anestesia generale e richiede qualche giorno di ricovero. I punti vengono tolti tra i 12 e i 15 giorni dopo l’intervento. «In questa fase, è fondamentale l’assoluta pulizia delle regioni in cui si trovano le cicatrici e la più grande attenzione a non sottoporre la zona a tensioni particolari. Perché la cicatrice si sviluppi nel migliore dei modi, infatti, è importante che non “tiri”».
Il lifting brachiale
Vale lo stesso – in termini di ricovero e attenzioni nel post-operatorio – per il lifting brachiale, un intervento previsto in due diverse modalità, a seconda della gravità. «Quando le braccia sono un po’ molli è sufficiente tirarle, risposizionando i tessuti. Se invece sono cadenti e grasse, si eliminano i tessuti in eccesso. Nel primo caso, le cicatrici sono nascoste nel cavo dell’ascella. Nel secondo, alla cicatrice nell’ascella se ne aggiunge una longitudinale, nella parte interna e superiore del braccio». A differenza del lifting agli arti inferiori, questo può anche avvenire in anestesia locale, di solito nei casi più lievi.
Per entrambi, però, c’è qualcosa che può “andare storto”? Oppure ci sono casi in cui l’effetto può comunque non essere gradevole? «Ci possono essere suture che si aprono e grandi ematomi, che richiedono molti giorni per essere assorbiti – dice Klinger -. Si tratta di casi piuttosto rari, ancora di più quando ci si è affidati a un chirurgo esperto e scrupoloso. Quanto alla qualità del risultato, di solito è buona, ma non bisogna dimenticare che, oltre all’abilità del chirurgo, incide anche la qualità dei tessuti: più sono elastici migliore è il risultato finale».  

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